Città che vai sindrome che trovi

Città che vai sindrome che trovi

Città che vai sindrome che trovi. Facendo seguito al recente episodio dell`uomo che si è denudato di fronte alla Venere di Botticelli, a Firenze, mi sono venute in mente le alterazioni psichiche che portano il nome delle città in cui sono avvenute e pertanto ho pensato di analizzarle, nella loro fenomenologia in questo articolo:

Nella pratica clinica la parola sindrome indica una combinazione di sintomi o di altre manifestazioni che concorrono a determinare una malattia .

Ad essa fa seguito generalmente il nome dello scopritore o del divulgatore di una determinata malattia, di un paziente o, anche di una città per indicare la località nella quale per la prima volta è stata descritta una manifestazione patologica o dove questa si manifesta più frequentemente.

Animato da un sentimento patriottico inizierò con:

La Sindrome di Firenze

S. di Stendhal, S. del Viaggiatore

Questa sindrome deve il nome alla città in cui è stata descritta per la prima volta e dove più frequentemente si hanno le manifestazioni cliniche .

E’ nota anche come sindrome di Stendhal che ne fu personalmente colpito e la descrisse nel suo libro- resoconto di un viaggio in Italia nel 1817: “Napoli e Firenze : un viaggio da Milano a Reggio”.

“Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”.

Questo disturbo si verifica a Firenze una decina di volte l’anno e colpisce in prevalenza persone molto sensibili e stranieri, mentre sembra che gli italiani ne siano immuni: si tratta di uno scompenso psichico acuto che può portare anche al ricovero ospedaliero che tuttavia è temporaneo e non lascia reliquati.

La diagnosi clinica fu posta per la prima volta nel 1982, ma già nel 1979 la psichiatra Graziella Margherini la propose, con la descrizione di 100 casi nel suo libro: “La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte”.

Il disturbo non è correlato ad artisti o ad opere d’arte particolari , ma riguarda le caratteristiche dell’opera d’arte che inducono reazioni emozionali incontenibili.

La sindrome può avere diverse manifestazioni cliniche che vanno dalle più semplici paragonabili a crisi di ansia o di panico con dispnea, accelerazione del battito cardiaco, sensazione di svenimento, a quelle più gravi con crisi di pianto, angoscia, sensi di colpa, allucinazioni e paranoia fino a sfociare in comportamenti isterici aggressivi che conducono, talvolta, al tentativo di distruggere l’opera d’arte.

Anche il cinema non ne è rimasto immune e nel 1996 Dario Argento produsse un film dal titolo “la sindrome di Stendhal”, un thriller psicologico dove la giovane poliziotta Anna Manni, sviene all’interno degli Uffizi di fronte alla maestosità di un’opera d’arte.

Per concludere, si tratta di una psicosi, tuttavia non si può escludere la possibilità che si tratti di una crisi “temporale” pseudo.epilettica prima di manifestare i chiari segni della malattia.

La sindrome di Parigi
S. di Notre-Dame

Parigi

Anche i francesi hanno voluto avere la loro sindrome che tuttavia è di descrizione molto recente risalendo al 2004.

Si chiama anche sindrome di Notre-Dame ed affligge in modo particolare i turisti giapponesi con sintomi analoghi a quelli della sindrome di Stendhal.

La causa risiede nel disagio derivante dalla differenza tra la Parigi idealizzata e l’effettiva visione della capitale durante il soggiorno.

Anche questa è una psicosi, ma la sua osservazione e la sua descrizione relativamente recenti non consentono di fare ulteriori considerazioni.

La sindrome di Gerusalemme
S. da preghiera compulsiva

Gerusalemme

La prima descrizione clinica della sindrome risale al 1930 ad opera dello psichiatra Heinz Herman, anche se episodi analoghi erano già stati descritti nel Medio Evo da Felix Fabri, un teologo domenicano, nei racconti dei suoi pellegrinaggi in Terra Santa.

Per comprendere questa manifestazione psichica è opportuno definire il disturbo ossessivo-conpulsivo: che cos’è?

E’ un disturbo d’ansia in cui la mente è pervasa da pensieri persistenti e incontrollabili o in cui la persona è spinta in maniera irresistibile a ripetere certi atti.

Mentre le ossessioni sono pensieri o impulsi invasivi e ripetitivi che si presentano indesiderati alla mente e appaiono incontrollabili, la compulsione è un comportamento ripetitivo che la persona si sente costretta ad eseguire per ridurre il disagio causato da pensieri ossessivi.

Ebbene nella sindrome di Gerusalemme ossessione e compulsione si sovrappongono anche se talora, si ha il sopravvento della seconda sulla prima.

sintomi

Come si manifesta questa sindrome che colpisce circa duecento pellegrini l’anno senza distinzione di nazionalità?

*con la convinzione di essere personaggi biblici che devono compiere una missione influenzati da una fede religiosa ossessiva.

*con l’obbligo ossessivo dell’osservanza di pratiche religiose e precetti in cui lo zelo religioso sconfina verso un vero e proprio disturbo mentale.

Entrambe sono manifestazioni psichiatriche che iniziano prima dell’arrivo a Gerusalemme e si risolvono, senza strascichi, dopo poche ore di ricovero.

*con manifestazioni quali continui lavaggi delle mani e del corpo per un bisogno ossessivo di purificazione, continue ripetizioni degli stessi salmi e delle stesse preghiere nel timore di non averli recitati con la dovuta devozione.

*con bisogno infrenabile di seguire processioni verso luoghi caratteristici

*con allontanamenti dal gruppo o dalle famiglie per continuare in solitudine la visita di Gerusalemme.

rimedi

Questi ultimi sono disturbi compulsivi di una certa importanza e questi individui vengono ricoverati in ospedali psichiatrici per alcune settimane dove vengono curati con colloqui sulla fede cercando così di cambiare la loro prospettiva e la loro percezione religiosa.

La sindrome di Stoccolma
A differenza delle altre questa sindrome non è la manifestazione di uno stato clinico patologico, bensì uno stato psicologico e mentale che si manifesta in seguito ad un episodio violento e traumatico, come un rapimento.

Stoccolma

Nils Bejerot, psicologo ed agente speciale dell’FBI fu il primo ad usare questo termine, nel corso di una trasmissione televisiva, riferendo il sequestro di quattro persone avvenuto dal 23 al 28 agosto del 1973 nella Kreditbanken di Stoccolma, ad opera di due malviventi.

I fatti: Janne Olsson, detenuto in libera uscita, tenne in ostaggio, con la complicità di Clark Olofsson quattro funzionari della banca per sei giorni durante i quali le vittime svilupparono un legame tale da ostacolare le indagini.

Al processo che ne seguì Olofsson fu assolto perché sostenne che durante il sequestro si prodigò per mantenere la calma tra gli ostaggi, e questi testimoniarono a suo favore.

La spiegazione della sindrome di Stoccolma consiste nel fatto che le “vittime” sono totalmente nelle mani del loro “carnefice” che vedono come un dio da compiacere per evitarne l’ira e da amare per i suoi momenti di benevolenza.

La semplice concessione di andare in bagno o ricevere del cibo viene vissuto dalla vittima come un segno di magnanimità.

Anche il rapitore, dal canto suo, sentendosi rispettato mostra reale magnanimità creando un circolo vizioso tra concessioni, ubbidienza, maggiori concessioni e ancora più ubbidienza.

Quando si tratti di sottomissione a sfondo sessuale si può arrivare all’innamoramento.

Ed infine, in casi particolari, la vittima nutre un sentimento di profonda gratitudine nei confronti del suo rapitore per essere stata “prescelta” fra tante.

Per concludere dobbiamo dire che la sindrome di Stoccolma è un meccanismo di difesa dei più deboli, infatti solitamente è appannaggio delle persone con poca forza fisica o di volontà e più impaurite

La sindrome di Lima

Questa sindrome è l’esatto contrario della precedente avviene quando il rapitore empatizza con la sua vittima passando da una coercizione violenta ad un atteggiamento più gentile.

Prende il nome dalla città in cui furono rapite e tenute in ostaggio nell’ambasciata giapponese di Lima 72 persone alle quali fu permesso di giocare a scacchi, a carte e addirittura di organizzare una festa di compleanno.

Questa sindrome è spesso appannaggio di rapitori giovani ed inesperti che non hanno ancora il callo del delinquente e che tendono a indulgere nei confronti di individui che ispirino fiducia, simpatia e fermezza di carattere fino a provare un sentimento di amicizia e di ammirazione, favorendo, talvolta, la loro liberazione.

La sindrome di Berlino
Lo spread non è una malattia…………………………………………è di più!!!!

Berlino
<a href="https://www.ilnuovomosaico.it/autore/mario-sgro/" target="_self">Mario Sgro</a>

Mario Sgro

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